Vitigni

Sin dalla sua nascita, la Tenuta Adolfo Spada si è concentrata su alcuni dei vitigni autoctoni della Campania coltivati nelle sue vigne di Galluccio: le varietà a bacca nera Aglianico e Piedirosso e quella a bacca bianca Falanghina.

Non tutti sanno che le due tipologie di Falanghina oggi diffuse in Campania, la "flegrea" e la "beneventana", vengono riconosciute come due varietà differenti morfologicamente e geneticamente. Infatti, hanno poco in comune sia nella forma della foglia, del grappolo e dell’acino ma anche nei caratteri del mosto: poco zuccherino e poco acido in quella flegrea, zuccherino e molto acido in quella beneventana.
Sulla scorta di osservazioni e verifiche effettuate nell'areale di Roccamonfina, dove la varietà flegrea è presente in minima quantità da molti decenni forse per la stessa origine vulcanica dei suoli con quelli di origine, nel corso del 2009 l'azienda ha portato nel proprio vigneto di Galluccio anche la varietà flegrea attraverso il reinnesto di marze selezionate provenienti da viti quasi centenarie a piede franco ancora coltivate nella zona di origine.

Stimolati dal successo riscosso dal Flòres, ideato nel 2007 come sapiente blend di Falanghina e Fiano del quale l’azienda possedeva, nell’agro di Galluccio, un vecchio impianto non più in produzione, la famiglia Spada ha affrontato la sfida di allargare la propria proposta di vini anche ad altri vitigni di rilevanza regionale, misurandosi con il Greco, una delle gemme della produzione “bianchista” campana.
Dalla vendemmia 2010, il lavoro della Tenuta Adolfo Spada sul Greco si avvale di vigneti presi in conduzione a Santa Paolina, nell’area dell’avellinese più vocata per la coltivazione di questo vitigno, grazie a suoli la cui composizione è stata nei secoli influenzata direttamente dal materiale piroclastico proveniente dal Vesuvio.

Dalla fine del 2008, l’azienda ha anche avviato un’approfondita attività di ricerca agronomica ed enologica sull'Asprinio in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell'Università Federico II di Napoli. Fonti storiche e scientifiche esaltano questo storico vitigno, caratteristico dell’agro aversano, per l’unicità della sua tecnica di coltivazione che vede la vite maritata a pioppi fino a una quindicina di metri d’altezza e per la freschezza e l’originalità del vino che se ne ricava (un “grande, piccolo vino” lo definì Mario Soldati). L’attività di studio è stata presentata, nel giugno 2010, al VII International Terroir Congress di Soave (VR) e nella primavera 2011 al Vinitaly nel corso di un seminario che ha visto la partecipazione di eminenti esperti e addetti al settore (vai al dettaglio).